3 tecniche di qualità in Sherlock

Sherlock è una serie televisiva britannica, ispirata dalle opere di Sir Arthur Conan Doyle sul celebre detective Sherlock Holmes. La prima puntata è andata in onda nel 2010 nel Regno unito e si è conclusa nel 2017, per un totale di quattro stagioni, di tre episodi ciascuno, più uno special, L’abominevole sposa, ambientata nei tempi del celebre investigatore di Baker Street e del suo fido assistente. Creata da Steven Moffat, che interpreta anche Mycroft Holmes, e Mark Gatiss, è interpretata da Benedict Cumberbatch (Sherlock Holmes) e Martin Freeman (John Watson), che hanno saputo cogliere lo spirito dei personaggi, attualizzandoli.

La serie ha avuto una grande risposta di critica e pubblico, non solo perché trainata dall’intramontabile fortuna del personaggio, ma anche per la grande qualità, sia nelle tecniche di fotografia e regia, sia nell’interpretazione, con cui è stata realizzata. Spicca nella sterminata produzione di serie televisive grazie agli spunti innovativi e a citazioni cinematografiche di alto livello. Scopriamo quali sono. (SPOILER ALERT)

1 – Testo sovrimpresso

Negli ultimi anni, l’informatizzazione ha modificato i mezzi di comunicazione scritta. In vecchie serie alcune informazioni venivano condivise tra i personaggi per mezzo di lettere o biglietti. Lo scambio di pensieri veniva percepito dal pubblico come qualcosa di intimo, e nel caso di testi brevi l’inquadratura del foglio scritto, in una finta soggettiva, metteva al corrente il pubblico del contenuto del messaggio. In testi più lunghi, una voce fuori campo, introspettiva, leggeva il testo con intensità, per amplificare il pathos del messaggio.

La carta scritta cede a favore di una comunicazione più veloce e intuitiva, per mezzo di computer, smartphone, e via di seguito. La soluzione privilegiata per far partecipare il pubblico è quella che ricalca il vecchio mezzo della carta stampata. La camera inquadra il mezzo di trasmissione oppure il personaggio che riceve il messaggio lo legge ad alta voce (di solito con tono stupito o sorpreso, come se fosse una domanda, per giustificare che solo un idiota ripeterebbe ad alta voce qualcosa che ha appena letto).

Sherlock introduce un diverso fine per il medesimo scopo. I messaggi di testo compaiono in sovrimpressione sullo schermo, come se fossero parte integrante della scena. È una tecnica, ottenuta tramite masking out, che vediamo sin dalle prime battute della prima puntata; rappresenta il biglietto da visita di Sherlock, inteso sia come serie televisiva, sia come personaggio, perché ancora non è comparso sulla scena che già avvertiamo la sua presenza, con un messaggio di gruppo che riempie il quadro. La stessa tecnica, con qualche accorgimento, è stata utilizzata recentemente nel film The Circle, tratto dall’omonimo libro di Eggers.

Tra l’altro, Sherlock fa anche un passo in più in questo senso, andando nella profondità del messaggio. Il testo sovrimpresso, raffigurato in modo molto meno schematico, in quanto il fine è differente, è utilizzato anche nella espressione visuale del pensiero di Holmes. Quando Sherlock osserva qualcuno spesso lo spettatore partecipa dei suoi pensieri, vedendo figurativamente quello che Sherlock deduce, nel modo in cui lo deduce.

2 – Bullet time effect

Direttamente da Matrix, Sherlock cita un cult: durante il matrimonio di John e Mary. L’episodio è Il segno dei tre. Durante la foto all’uscita della chiesa, gli sposi e gli invitati rimangono fermi, mentre la camera intorno a loro ruota, con un effetto di immobilizzazione temporale che ha la volontà di essere straniante. Quale che sia la motivazione (il tempo che si muove intorno alla storia, il punto di vista di Sherlock, che guarda caso, si è allontanato andando in direzione del fotografo stesso, ecc) il risultato finale è efficace. Per ottenere l’esito, il regista dell’episodio, Colm McCarthy, ha creato un lungo trenino di macchine fotografiche che hanno ripreso l’intera scena nel medesimo momento con un ampio raggio d’azione.

3 – Alterazioni spazio-temporali

Strettamente legate al bullet time effect, le tecniche visuali di alterazione spazio-temporale sono impiegate di frequente in Sherlock. L’obiettivo finale è di riprodurre visivamente una sensazione. In situazioni critiche Sherlock si muove con un tempo tutto interno. Ad esempio, quando Mary gli spara, il detective non cade repentinamente, come sarebbe normale, ma riproducendo un effetto di slow-motion, si inclina lentamente rispetto al pavimento, impiegando diversi secondi per arrivare a terra. Il corpo cade anche in modo innaturale, le ginocchia non si piegano, il busto è eretto. La motivazione, oltre che poetica, è anche tecnica. Cumberbatch infatti è stato imbracato in un corpo meccanico per permettere di riprodurre l’effetto desiderato. Poco prima, Cumberbatch era stato “imprigionato”, fermo in mezzo ad una scena che si muove. Il corpo è fermo, ma la coscienza è ancora vigile: Molly si muove intorno a lui.

Per chiudere questa breve carrellata, un piccolo errore, forse, in Sherlock. A proposito di alterazioni spazio-temporali, Holmes e Watson si ubriacano in occasione dell’addio al celibato di John. Alla fine del loro tour dei pub di Londra, i due si ritrovano nel loro appartamento di Baker Street con una cliente. La scelta del regista McCarthy è quella di sfocare i contorni di Sherlock, come accade nell’ubriacatura: il raggio di focalizzazione del personaggio è rimpicciolito. La conseguenza è che Sherlock, centro dell’inquadratura, è nitido, ma l’intorno, Watson compreso, è appannato. Il risultato è più chiaro quando la scena si sposta sulla cliente, e il fuoco è nitido in tutto il quadro. La scena di alterazione dimensionale sembra poco coerente con le altre scelte di regia, dal momento che di solito è la prospettiva di chi vive qualcosa ad essere rappresentata, e non l’oggetto. Ci si sarebbe aspettati che Sherlock, in soggettiva, vedesse appannato, e non quello che è fuori dalla sua portata visiva. E non combacia neanche con il personaggio: Sherlock è centro, non periferia.

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